La globalizzazione vince sui virtuosismi linguistici
di Maria Beatrice Protino
Molti scrittori europei lamentano la difficoltà di trovare un editore di lingua inglese che traduca le loro opere: a quanto dicono, questo insuccesso sminuirebbe il loro prestigio. Ormai ci si sente realizzati solo quando si riesce a farsi pubblicare anche all’estero.
Lo scrittore Tim Parks –professore all’Università IULM di Milano, nonché traduttore di romanzi dall'italiano in lingua inglese per autori quali Alberto Moravia e Italo Calvino – fa un’analisi del nuovo mercato della letteratura ed evidenzia gli effetti della globalizzazione sulla qualità dell’opera letteraria.
Dal latino al volgare e ritorno
Nel periodo che va dal XIV al XVI secolo, gli scrittori di tutta Europa passarono gradualmente dall’uso del latino al volgare: l’ispirazione democratica dette slancio verso il consolidamento delle lingue nazionali, per cui gli scrittori – spinti senz’altro più dall’ambizione e dagli interessi economici che da una pulsione idealistica – iniziarono a rivolgersi direttamente a una nuova classe media allora emergente e nuovo arbitro del gusto.
Oggi accade il contrario. Come sottolinea Parks, la rivoluzione cui assistiamo è conseguenza di una globalizzazione in costante acceleramento, che ci spinge verso un mercato mondiale della letteratura, per cui gli autori sentono l’esigenza di raggiungere un pubblico internazionale e gli stessi lettori percepiscono il fascino dell’opera solo quando sanno della sua pubblicazione anche in inglese, come se entrassero a far parte di una comunità internazionale di estimatori di quel libro, di quell’autore.
La comprensione internazionale
Dal momento in cui un autore sa di avere un pubblico internazionale e non più solo nazionale, la natura della sua scrittura cambia. Inizia a temere gli ostacoli che la sua lingua inevitabilmente pone rispetto alla comprensione internazionale. Autori contemporanei come Alessandro Baricco o Pet Peterson – per citarne alcuni – scrivono romanzi che non richiedono conoscenze specifiche o sforzi particolari, per cui facilitano un eventuale lavoro di traduzione. La lingua è semplice, manca di virtuosismi e pecca di sfumature e dettagli legati alla cultura locale. Quel che rendeva Shakespeare brillante, coi suoi giochi di parole, è adesso considerato poco proficuo: la semplicità sembra proprio avere la meglio.
Molti scrittori europei lamentano la difficoltà di trovare un editore di lingua inglese che traduca le loro opere: a quanto dicono, questo insuccesso sminuirebbe il loro prestigio. Ormai ci si sente realizzati solo quando si riesce a farsi pubblicare anche all’estero.
Lo scrittore Tim Parks –professore all’Università IULM di Milano, nonché traduttore di romanzi dall'italiano in lingua inglese per autori quali Alberto Moravia e Italo Calvino – fa un’analisi del nuovo mercato della letteratura ed evidenzia gli effetti della globalizzazione sulla qualità dell’opera letteraria.
Dal latino al volgare e ritorno
Nel periodo che va dal XIV al XVI secolo, gli scrittori di tutta Europa passarono gradualmente dall’uso del latino al volgare: l’ispirazione democratica dette slancio verso il consolidamento delle lingue nazionali, per cui gli scrittori – spinti senz’altro più dall’ambizione e dagli interessi economici che da una pulsione idealistica – iniziarono a rivolgersi direttamente a una nuova classe media allora emergente e nuovo arbitro del gusto.
Oggi accade il contrario. Come sottolinea Parks, la rivoluzione cui assistiamo è conseguenza di una globalizzazione in costante acceleramento, che ci spinge verso un mercato mondiale della letteratura, per cui gli autori sentono l’esigenza di raggiungere un pubblico internazionale e gli stessi lettori percepiscono il fascino dell’opera solo quando sanno della sua pubblicazione anche in inglese, come se entrassero a far parte di una comunità internazionale di estimatori di quel libro, di quell’autore.
La comprensione internazionale
Dal momento in cui un autore sa di avere un pubblico internazionale e non più solo nazionale, la natura della sua scrittura cambia. Inizia a temere gli ostacoli che la sua lingua inevitabilmente pone rispetto alla comprensione internazionale. Autori contemporanei come Alessandro Baricco o Pet Peterson – per citarne alcuni – scrivono romanzi che non richiedono conoscenze specifiche o sforzi particolari, per cui facilitano un eventuale lavoro di traduzione. La lingua è semplice, manca di virtuosismi e pecca di sfumature e dettagli legati alla cultura locale. Quel che rendeva Shakespeare brillante, coi suoi giochi di parole, è adesso considerato poco proficuo: la semplicità sembra proprio avere la meglio.
Articolo tratto da Ripensandoci
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